J. G. Ballard – Il mondo sommerso

Non avevo mai letto nulla di Ballard, così quando questa estate prima delle vacanze mi ero imbattuto in libreria in questo romanzo mi sono ricordato di avere in passato sentito qualche recensione in merito. L’idea in sè è abbastanza semplice e, di questi tempi pure molto gettonata: un futuro in cui le temperature sulla terra cominciano ad alzarsi creando lo scioglimento dei ghiacci e il conseguente innalzamento delle acque con l’inevitabile innondazione delle città e di granparte delle aree normalmente abitate. In questo caso il colpevole è un’attività solare estrema e non l’attività umana ne l’effetto serra dovuto ad altri eventi endogeni come eruzioni vulcaniche o cataclismi di qualche genere. E’ curioso sapere che in passato il nostro pianeta ha già sperimentato temperature simili nel corso della sua storia e, anzi, in alcuni casi ha raggiunto temperature ben peggiori (date un occhio qui per maggiori info [1]).

Protagonista è Robert Kerans, uno scienziato parte di un’unità militare che effettua ricerche nelle aree con temperature estreme (se ho capito bene siamo intorno a Londra) in un paesaggio in cui l’acqua la fa da padrona e le poche persone rimaste a quelle latitudini vivono agli ultimi piani dei palazzi spostandosi dagli uni agli altri attraverso imbarcazioni o aerovelivoli. In questo scenario apocalittico il protagonista si sente visceralmente attirato a sud da qualcosa che non sa spiegarsi e che lo porterà allo scontro con gli altri supersisti. Un qualcosa a metà tra una sorta di richiamo ancestrale parte di un’eredità dei nostri antenati più vecchi ed una sorta di suicidio sull’altare di quel sole senza il quale non possiamo vivere ma che in taluni casi può essere anche letale.

Ballard come tutti i più grandi maestri del genere fantascentifico è bravo nel portarci nella vita delle persone e farci vivere le emozioni ed i drammi che vivono, i dilemmi che le angosciano e le speranze che le tengono in vita senza troppe licenze a technologie futuristiche e creature esotiche. In fondo nella nostra vita di tutti i giorni come in quella di un futuro prossimo, non è tanto importante come viviamo quanto perchè lo facciamo.

[1] https://www.nationalgeographic.it/ambiente/2020/09/la-terra-sta-registrando-temperature-da-record-ma-in-futuro-sara-molto-piu-calda

Tuor e il suo arrivo a Gondolin

Questo che segue è un breve riassunto della vita Tuor dalla nascita fino al suo arrivo a Gondolin come narrato nei Racconti Incompiuti di JRR Tolkien. Il redatore del libro, chè è poi Christopher Tolkien (il figlio del grande autore) spiega che questo racconto in origine avrebbe dovuto essere “Tuor e la caduta di Gondolin” ma in realtà si fermerà all’entrata di Tuor a Gondolin.

Tuor: figlio di Huor e Rìan della casa di Hador

Ulmo: Signore delle Acque

Voronwe: Elfo

Al termine della Nirnaeth, Huor che al pari del fratello Hurin vi aveva partecipato combattendo al fianco degli Elfi non fa ritorno a casa cadendo sul campo di battaglia. Rìan sua madre, quando ne viene al corrente si lascia morire lasciando il piccolo Huor alle cure degli stessi Elfi. Tuor vi rimarrà fino a 16 anni, e viene a conoscenza del regno celato di Turgon, Re degli elfi, sfuggito a Morgoth nella disfatta della Nirnaeth. Turgon fù coperto nella fuga proprio dal padre Huor e dallo zio Hurin che come già detto pagaro con la propria vita. Da lì a poco gli Orchi attaccheranno ancora gli Elfi riuscendo a disperderli e farlo prigioniero. Tuor però non si darà pervinto e riuscirà con grande abilità a farsi tenere in vita fino a quando alla buona occasione, dopo tre anni, riesce a fuggire e ivi riceve un segno da parte di Ulmo che tramite un ruscello gli indica un passaggio. Il figlio di Huor da lì attraversa tutto il Dorlomin ed il Nevrast fino a giungere al monte Taras a ridosso del grande mare. Tuor entra dunque in Vinyamar l’antica città di pietra eretta dai Noldor. Molto bella è il racconto di quando entra nella sala del trono abbandonata da Turgon ed un segno (un altro) fa si che Tuor rinvenga spada e cotta di maglia lasciate dal re degli Elfi prima di partire: è una sorta di investitura. A questo punto mentre vine attirato sulle rive dalle acque gli appare Ulmo stesso che gli dà il compito di cercare Turgon ed il suo regno celato.

Mappa del percorso di Tuor fino al regno celato di Gondolin [1]

Prima di congedarlo Ulmo gli spiega i dettagli ed il perchè della missione donandogli un manto dal potere di nasconderlo alla luce ed allo sguardo e la promessa di mandargli qualcuno che lo possa condurre nel viaggio a quel posto segreto. Di lì a poco dalle acque emergerà il naufrago Voronwe ultimo superstite di una spedizione di 7 navi elfiche salpate dai Porti di Cìrdan con l’intento di far rotta verso Valinor e chiedere l’intervento dei Valar contro Morgoth. Nessuna di esse era più tornata e la nave di quest’ultimo era stata sferzata dalle tempeste lasciando lui come unico superstite. Tuor spiega della manifestazione di Ulmo e del messaggio che deve recare a Turgon e questo fa vincere l’iniziale ritrosia dell’elfo a mostrare il perscorso al regno celato ad un uomo. Partono quindi alla volta del regno celato. Il cammino è faticoso, tra il freddo gli stenti e i branchi di Orchi che braccano tutto ciò che si muove nelle zone. Tuor e Voronwe nel loro percorso devono mantenere il più stretto segreto, devono essere sicuri di non attirare attenzioni e portarsi dietro cattivi ospiti. Quando arrivano ai Monti Cerchianti, le mura del regime di Turgon, sono ormai allo stremo ma riescono a trovare la gola dove sfociava il Fiume Secco. Infine rinvengono una galleria scavata nella roccia in cui non vi è luce. Lì vengono intercettati da una pattuglia di guardiani Elfi che li identificano e si meravigliano del fatto che un Elfo abbia condotto un uomo per quel percorso, ma consì dell’eccezionalità delle persone che si trovano davanti decidono di scortarli fino da Turgon alchè sia lui a prendere ogni decisione in merito. Di lì vengono quindi condotti per una via angusta passando attraverso sette porte, una più fortificata dell’altra. Il racconto si interrompe dopo l’ultima porta alla visione di Gondolin innevata.

[1] http://lotrproject.com/map/beleriand/#zoom=3&lat=-861&lon=1500&layers=BTTTTTT

Moby Dick

Mi sono sempre ben visto dal cominciare a leggere Moby Dick per quell’alone da grande classico / mattone che ha sempre avuto. Poi quest’estate, in un impeto di letterario, l’ho comprato e soprattutto l’ho messo in cima alla lista dei libri da leggere. In realtà è più uno scaffale: io ho uno scaffale dove tengo solo i libri da leggere in un ordine, più o meno, di lettura consigliata. Si lo so, probabilmente ce l’hanno tutti ma era per precisare. Dopo quasi 5 mesi in cui più di una volta stavo per chiuderlo per sempre mi sono fatto forza e finalmente oggi l’ho finito. Embè? Direte voi… E’ proprio un mattone difficile da digerire. Direi che più che un romanzo è una sorta di trattato su balene e baleniere con tanto di dettagli scientifici, sociali, storici, geografici, linguistici… Davvero un lavoro enorme e articolato, ed è forse proprio per questo che mi ha reso la vita difficile. In effetti io mi attendevo un libro di grande avventura ed adrenalina con quel pazzo capitano Achab alla forsennata ricerca di fare la pelle al diabolico cetaceo che gli aveva avvelenato l’esistenza. Intendiamoci eh, c’è anche quello, anche se tutto sommato nelle sole ultime 50 pagine. Tutto il resto è una lenta preparazione in cui vengono fatte dissertazioni su tutte le specie di balene esistenti, e non avevo idea di quante potessero essere, di come le si caccino, di come una volta uccise vengano lavorate ed estratto il grasso di balena. Davvero un’istantanea di grande pregio sulle baleniere di metà ottocento e sul lavoro di chi le governava spesso tra mille difficoltà e problemi che noi oggi nemmeno ci possiamo immaginare. Se poi a tutto ciò uniamo uno stile letterario estremamente forbito e a volte eccessivamente tecnico, purtroppo per chi come me non ha grosse conoscenze letterarie e legge più che altro come passatempo, l’impresa diventa più ardita di quella dello stesso Achab.

Insomma, in fin dei conti non lo sconsiglio, perchè senza dubbio è un’opera di grande rilievo, ma vi metto in guardia: Moby Dick viene nominato la prima volta a pagina 200, sapete cosa vi attende…

Giorno 27 – Spillover

In questi giorni di grandi discussioni sul COVid-19 se ne sentono davvero di tutti i colori. Esperti che dibattono tra loro e con chi è esperto proprio non è, dai Social-Tuttologi ai sapientoni di varie fogge. Da perfetto agnostico e direi anche parecchio ignorante in materia mi permetto di suggerire una lettura che oltre ad essere interessante è anche ben raccontata e fruibile a chi, come me, a fatica sa dire cos’è un virus. Il libro in questione è Spillover di David Quammen uno scrittore che ha fatto un’indagine sul campo e prendendo alcuni casi di malattie famosissime come l’HIV, l’Ebola, la malaria ed altre un po’ meno come Hendra o febbre Q prende per mano il lettore e lo porta in giro per il mondo alla scoperta delle origini di alcune tra le malattie più terribili che l’uomo abbia dovuto fronteggiare almeno nell’ultimo secolo con un lavoro scientifico ed investigativo da far invidia CSI.

Zoonosi: con questo termine si indica una malattia che viene passata da un animale all’uomo (è possibile anche l’opposto in realtà). Questa tipologia delle malattie è molto diffusa e rappresenta la maggior parte delle malattie trasmissibili che tutt’ora infestano l’umanità. In genere questi passaggi avvengono a valle di comportamenti a rischio come entrare in contatto con feci, secrezioni, sangue di animali infetti.

Spillover: con questo termine si intende proprio il passaggio di un patogeno da una popolazione in cui è presente con una certa predominanza ad un’altra dove potrà o attecchire e proliferare a sua volta oppure si troverà in un vicolo cieco e svanirà nel nulla.

Ebbene il COVid-19 è una zoonosi, è ormai accertato infatti che esso venga da un pipistrello dove probabilmente è tollerato ed accettato dall’organismo animale senza particolari effetti. Purtroppo però nell’ambito di una qualche attività umana, forse un mercato, è entrato in contatto con l’organismo umano facendo il salto “spillover”. In questo caso il pipistrello in question veste i panni della creatura serbatoio cioè colei che veicola il virus, sostanzialmente convivendoci e non avendone particolari effetti. Purtroppo per noi però quel virus che al progenitore di Batman non causa molti danni è stato capace di adattarsi al nostro organismo proliferandoci ma, a differenza dell’animale da cui proveniva, anche di causare problemi importanti e in molti soggetti, come sappiamo in taluni casi la morte.

Naturalmente la domanda che subito sorge spontanea è come sia potuto succedere e perchè proprio oggi nel 2020 e non qualche anno fa o tra qualche anno. Questo è difficile da dire, purtroppo molto è dato dal caso, il virus in questione è un virus a RNA che ha la particolarità di mutare in continuazione per un suo vizio di creazione che a differenza degli organismi a DNA non riesce a correggere i propri difetti di riproduzione. Non entro troppo nei dettagli perchè non lo so spiegare, vi consiglio di leggere il libro che in questo è davvero illuminante, ma in sostanza si può dire che questo suo difetto lo porta a cambiare rapidamente la sua natura e se da un lato la stragrande maggioranza dei mutamenti finiscono poi in un vicolo cieco (impedendo che riesca a propagarsi in altri individui) può succedere come in questo caso che si adatti perfettamente al nuovo organismo e si riproduca facilmente.

Non solo, ciò che fa davvero la differenza è la capacità che esso avrà anche di trasmettersi nei nuovi organismi. Se infatti esso è in grado di attecchire perfettamente al nuovo ospite non è affatto detto che sarà altrettanto in grado poi di propagarsi ad altri esemplari della stessa specie. Questa capacità di infezione chiamata R0 indica proprio questo: quanto il virus sia in grado di propagarsi in altri individui. Se questo valore è minore di 1 il virus non avrà modo di proliferare molto, se è maggiore iniziano i problemi. Nel caso del COVid-19 pare che si stia intorno al 2,5 alcuni dicono anche oltre il 3 che tradotto in parole povere significa che mediamente un organismo infetto è in grado di infettarne altri 3. Mica male… Ecco perchè il COVid-19 si propaga così rapidamente.

Ma dicevamo, perchè oggi? E non in un altro momento. Leggendo il libro si scopre che Quammen profetizzava già di questa grande Pandemia già nel 2012. E’ forse un veggente? No, decisamente no. Semplicemente ha studiato, si è documentato e verificato i dati avuti ed ha tratto le conclusioni. Addirittura in un intervista nel programma di Fabio Fazio si domanda perchè semmai ce ne siano così pochi!!! L’uomo è diventata ormai la specie animale di granlunga più diffusa sulla terra, una specie che ha una capacità di spostamento mai vista in precedenza: un virus può arrivare dalla Cina in europa in meno di 12 ore… Il suo modo ingordo di vivere, impossessandosi di tutto e sfruttando tutto quello che può ha impatti sull’ecosistema. E l’ecosistema è composto da tutta una pletora di creature che una volta scacciate dal proprio ambiente in cui magari hanno vissuto per anni, secoli, millenni sono chiamate a fare qualcosa per sopravvivere adattandosi o soccombendo. Questo fa si che come specie umana siamo realmente quelli che rischino molto di più.

David Quammen da Fazio

La solita vecchia domanda che periodicamente ritorna. Non stiamo esagerando? Non stiamo spingendosi al non ritorno? Abbiamo tempo, riflettiamoci.