Giorno 13 – The show must to go on

Qualche riflessione giunti al 13mo giorno di quarantena. La situazione, sembra essere tutto tranne che chiara. Si comincia vedere un certo nervosismo serpeggiare nei social ed in generale tra la gente. Ieri sera Conte ha annunciato un intervento in diretta Facebook ed alcuni minuti di ritardo hanno generato un diffuso senso di panico e caos. La cosa che colpisce è che questa crisi “la più importante dal dopo guerra” è passata come un carro-armato su quello che per la mia generazione è stato un capo saldo praticamente inattaccabile: lo spettacolo deve continuare. Qualsia cosa accadesse la macchina non si fermava mai o se lo faceva, era per un lasso di tempo breve, a volte brevissimo e soprattutto quasi mai tutto e tutti assieme. Guerra del Golfo, 11 settembre, La morte di Giovanni Paolo II, Terremoti, catastrofi varie (anche nucleari) niente prima di oggi era riuscito come questo microscopico essere a fermare la macchina lanciata a mille su cui viaggiamo. Ed uno dei più grossi paradossi è proprio quello: che ha fermare tutto non sia stata qualche guerra mondiale, qualche arma atomica ma, qualcosa di infinitamente piccolo ed infinitamente semplice al cospetto nostro e delle tecnologie che maneggiamo giornalmente.

E se tutto ciò lo prendessimo come un successo, come una prova per renderci conto che la macchina sofisticata ma non certo perfetta che abbiamo progettato, si possa fermare. Che non siamo schiavi della nostra creazione, che possiamo scegliere anche di spegnerla se occorre? Magari per poco tempo, ogni tanto, progettandola con anticipo e segnandocela sul calendario. Un momento per tutti e se deve essere per tutti potrebbe voler dire che quel giorno non si possa fare nulla: niente ristoranti, autobus, treni, aerei, lavoro, shopping, montagna, mare, calcio, basket, F1… esattamente come in questi giorni… Tranne che per una cosa. Stare insieme, in quel giorno si potrebbe e dovrebbe stare insieme ma stare insieme solo per il piacere di farlo, senza una fine specifico. Perchè in questa segregazione forzata che ormai viviamo da settimane forse ci siamo resi conto che non sono le cose da cui facciamo fatica a stare staccati. Sono le persone, chi vogliamo bene. Questa piaga epocale qualche insegnamento ce lo lascerà e certo questo me lo tengo stretto, perchè quando tutto tornerà alla normalità e si dirà “è ma non si può fermare tutto” ci sarà il ricordo di questi giorni a dirci che invece è tutta una questione di volerlo, di mettere prima di tutto un bene comune che, si spera in altre situazioni possa essere individuato in qualcosa di diverso dalla salute pubblica. Una speranza e quasi una certezza. Basta volerlo.